January 8, 2025
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Varanasi dopo il covid nel febbraio 2023. Così come lo avevo scritto su una piccola agenda di quelle che ritrovi quando torni nella tasca dei pantaloni. Senza filtri e correzioni. Il Mio viaggio solitario in India riportato fedelmente giorno per giorno “non tutti i giorni.”

03/02/2023


5 giorni e si parte. Anche quest’anno sento un po’ di ansia, ma ho letto che è una cosa abbastanza comune. Lasciare la propria zona di comfort non è mai facile: significa affrontare l’ignoto, esporsi a nuove situazioni e sfide. Però, se non esci da quella bolla di certezze, rischi di rimanere fermo, immobile. E senza cambiamento, non c’è evoluzione. Viaggiare è proprio questo: un salto nel vuoto che ti costringe a scoprire, imparare e migliorare. Ogni esperienza diventa un pezzo unico del tuo bagaglio personale. È un arricchimento che non si misura solo con i chilometri percorsi, ma con le emozioni vissute, le persone incontrate e le storie che porti a casa. Ansia sì, ma anche tanta voglia di vedere cosa c’è oltre

08/02/2023


Sono passati 4 anni dalla mia ultima volta a Varanasi.
Non riesco a non chiedermi come saranno cambiate le cose in questo tempo. Quella città, così caotica e magica, ha un ritmo che sembra immutabile, eppure so che ogni visita porta nuove scoperte. Sono davvero curioso di vedere com’è ora, di immergermi di nuovo in quel mondo fatto di spiritualità, colori e contrasti. Il viaggio, tutto sommato, sta iniziando in modo tranquillo. Mi sono alzato presto, molto presto, quando il mondo era ancora avvolto nel silenzio. C’è qualcosa di speciale nel partire prima dell’alba: è come se il giorno intero fosse un regalo da scoprire. Mi sembra di aver organizzato tutto al meglio, ma c’è sempre quel filo di incertezza che accompagna ogni partenza. Documenti? Controllati. Bagagli? Preparati. Itinerario? Pianificato, per quanto si possa pianificare un viaggio a Varanasi, dove il bello è spesso negli imprevisti. Adesso non resta che lasciarsi trasportare dal viaggio e vedere cosa mi riserverà questa avventura.

09/02/2023


Arrivato. Dopo il volo, tutto è filato liscio, fortunatamente. In pochi minuti ho risolto la questione della SIM card, che è diventata operativa in meno di due ore. Un inizio viaggio decisamente promettente. Il momento più movimentato, però, è stato a bordo. Come prevedibile, l’ubriaco di turno ha dato di matto. La responsabilità, a quanto pare, ricade sulle ragazze del gate che lo hanno fatto salire, nonostante fosse già visibilmente alticcio. La situazione è degenerata quando gli è stata sequestrata una bottiglia di whisky. A quel punto, è letteralmente impazzito: gridava, imprecava, e sembrava incontenibile. Sono intervenuti cinque steward per placarlo. Con estrema calma ma decisione, lo hanno bloccato, ammanettandolo con fascette di plastica, e lo hanno portato in fondo all’aereo, lontano dagli altri passeggeri. Da lì in poi, il silenzio. Nessun rumore, nessuna protesta. Forse lo hanno calmato in qualche modo… Mi chiedo se, oltre al sequestro della bottiglia, gli abbiano dato anche una lezione più “fisica”. Un episodio che, per quanto spiacevole, ha avuto un epilogo rapido e senza ulteriori conseguenze per il volo. Ora posso finalmente rilassarmi e pensare al viaggio che mi aspetta.

10/02/2023


Prima giornata a Varanasi.
Anche dopo tanti anni di viaggi e di esperienze, la mente fatica ad adattarsi a questa città unica. Perfino per un vecchio viaggiatore come me, abituato a culture e atmosfere diverse, è difficile entrare subito nel ritmo di Varanasi. Qui, il tempo sembra scorrere in modo diverso, come se tutto fosse sospeso in una dimensione parallela. Eppure, questa lentezza, questo “fare niente” apparente, è paradossalmente ciò che richiede più impegno. Non è facile abituarsi a rallentare davvero, ad abbandonare la frenesia e le abitudini che ci sono così familiari. È come se fosse necessario un certo disinteresse per lasciar riposare l’anima, un distacco da quel sistema che abbiamo creato e di cui siamo diventati dipendenti. Lavoro, scadenze, notifiche: tutto ciò che ci tiene in una gabbia invisibile. Qui, tutto sembra invitarti a dimenticare quei vincoli e a osservare, respirare, semplicemente essere. Ma questo “disinteresse” non è indifferenza. È piuttosto un’apertura, un lasciarsi andare al flusso della vita, proprio come il Gange che scorre lento e inesorabile, testimone silenzioso di migliaia di vite. Forse, Varanasi ti costringe a fare i conti con ciò che davvero conta, e a lasciare andare ciò che non serve. La mia mente resiste, ma so che presto si arrenderà al fascino di questo luogo.


Sono al Terracotta Café, un luogo molto in voga tra i giovani. È come un angolo di Goa o Rishikesh trasportato nel cuore di Varanasi, un’atmosfera rilassata e internazionale che contrasta piacevolmente con il caos e l’intensità della città. Il proprietario è un australiano che, innamoratosi di Varanasi, ha deciso di aprire questo locale unico su una terrazza vicina ad Assi Ghat. L’arredamento è semplice ma accogliente, con cuscini colorati, panche e tavoli bassissimi. Il menù offre un mix interessante di piatti locali cucinati per adattare il gusto ad una clientela internazionali, pensate per soddisfare i palati di chi arriva da ogni angolo del mondo. Questo posto sembra essere un rifugio perfetto per chi cerca un momento di pausa dalla frenesia di Varanasi, senza allontanarsi troppo dalla sua magia. È un piccolo angolo di pace, dove si può sorseggiare un caffè o un ottimo cappuccino, mangiare una pizza che non è niente male. un posto dove chiacchierare con persone di diverse culture e lasciarsi ispirare dalla bellezza senza tempo del Gange.

11/02/2023


Terzo giorno.
Va decisamente meglio. La disintossicazione è finita, quella sensazione di irrequietezza che mi accompagnava all’inizio sembra ormai un lontano ricordo. Ho fatto pace con me stesso e, di conseguenza, anche con la città. Varanasi è incredibile. È come se ti accogliesse solo quando smetti di combatterla, quando accetti il suo caos, la sua intensità, la sua bellezza cruda e senza filtri. Questa città non si adatta a te; sei tu che devi adattarti a lei. Camminando lungo i ghat stamattina, ho sentito per la prima volta una sorta di armonia: il ritmo del fiume, i canti dei devoti, il rumore delle barche che scivolano sull’acqua, tutto sembrava orchestrato in un’inaspettata sinfonia. È incredibile come qualcosa di così caotico possa, in fondo, essere così perfettamente equilibrato. Forse è proprio questo il segreto di Varanasi: ti costringe a rallentare, a guardarti dentro, a lasciare andare tutto ciò che non conta davvero. E quando finalmente lo fai, ti senti più leggero, quasi rigenerato. Ora cammino per le sue strade con occhi diversi, curioso di ciò che ogni angolo può riservarmi. Varanasi non è solo un luogo; è un’esperienza, un viaggio dentro e fuori di te.

12/02/2023


Questa mattina mi sono svegliato presto, alle 5:30.
Non riuscivo più a dormire, ma devo dire che il sonno è stato sorprendentemente profondo, rigenerante. Mi sono alzato con una calma che raramente provo al risveglio, come se la notte avesse cancellato ogni traccia di stanchezza. Fuori, la città era ancora avvolta nell’oscurità. Ho deciso di scendere al Ghat, attratto dall’atmosfera unica che si respira in quei momenti. Il silenzio era quasi surreale, interrotto solo dal suono lieve dell’acqua e dai primi canti lontani dei devoti. Ho iniziato a camminare, senza una meta precisa, lasciandomi guidare dalla curiosità. Varanasi all’alba ha qualcosa di magico: i ghat si animano lentamente, con figure silenziose che si preparano per il giorno, le luci delle lampade che tremolano sull’acqua, e l’aria fresca che porta con sé un senso di rinascita.Dopo un po’ di vagabondaggio, mi sono fermato per il mio primo chai del giorno. Il profumo speziato, il calore della tazza tra le mani e quel sapore inconfondibile mi hanno dato il buongiorno migliore che potessi immaginare. Buona giornata. Qui, ogni giorno sembra iniziare con una promessa di scoperte e piccole meraviglie.


Oggi sono stato nella zona nord, dove si trovano gli ultimi ghat di Varanasi.
Questi luoghi, meno frequentati rispetto ai ghat centrali, sembrano sospesi nel tempo, ancora parzialmente ricoperti dai sedimenti lasciati dal Gange durante l’ultima piena. I lavori per liberarli dal fango procedono lentamente, come se il tempo qui scorresse a un ritmo diverso, senza fretta. Ragazzini scalzi e curiosi si aggirano tra i cumuli di fango, scrutando con attenzione ogni angolo alla ricerca di monete. E ne trovano. Con una pazienza infinita, scavano e riportano alla luce piccoli tesori dimenticati. Il fango del Gange, però, non restituisce solo monete. Dai sedimenti riaffiorano frammenti di vite passate: ciotole, vasi rotti, ossa, e statue di Ganesh. Queste ultime, immerse nelle acque sacre durante il Ganesh Chaturthi, nel mese di agosto, ritornano in superficie come ricordi di celebrazioni lontane. Osservando i gradini dei ghat che lentamente riemergono dal fango, si percepisce un senso di ciclicità. Qui, tutto sembra obbedire ai ritmi del fiume: i ghat vengono sepolti e poi liberati, pronti ad accogliere pellegrini e riti, fino alla prossima piena. È come se ogni cosa, anche la pietra, fosse parte di un respiro infinito che lega passato e presente. Camminando lungo questi gath dimenticati, si avverte una strana serenità. Il fango non è solo sporco; è memoria, un legame tangibile con ciò che è stato e con la sacralità del Gange, il fiume che da millenni accompagna la vita di chi abita queste rive.


Questo pomeriggio, un po’ di vento ha animato il cielo sopra Varanasi, portando con sé decine di aquiloni. Da ogni terrazza spuntavano fili e mani, giovani e meno giovani, impegnati a far volare i loro aquiloni più in alto possibile, in una sorta di competizione silenziosa. Il cielo si è riempito di colori: rosso, blu, giallo, e disegni che danzavano al ritmo del vento. Sulla terrazza di fronte alla mia guesthouse, un bimbo cercava di far volare un sacchetto di plastica nero. Non aveva un vero aquilone, ma non per questo sembrava meno determinato. Agitava il sacchetto con tutta la forza che aveva, cercando di convincere il vento a farlo volare. Che tenera scena. Mi sono ritrovato a sorridere, colpito dalla semplicità e dalla fantasia di quel gesto. Questa sera, dal terrazzo della mia guesthouse, il cielo ha regalato un altro spettacolo. Orione si stagliava sopra la mia testa, in perfetta verticale. Le sue stelle brillavano con un’intensità sorprendente, libere dall’inquinamento luminoso che spesso nasconde le meraviglie del cielo. Guardare quella costellazione così nitida mi ha fatto sentire piccolo e, al tempo stesso, parte di qualcosa di immenso. Varanasi è così: ti offre continuamente piccoli momenti di meraviglia, che siano un bambino con il suo sacchetto o un cielo stellato che sembra parlarti di eternità.

13/02/2023


Ho deciso di restare alla Shiva Guesthouse. Dopo averci pensato un po’, ho cancellato la prenotazione per Assi Ghat. In fondo, è meglio così: camminare non mi pesa, anzi, mi dà modo di scoprire meglio questa città, passo dopo passo, senza fretta. Questa mattina sono stato a Tulsi Gath, alla palestra dei wrestling, un luogo unico e pieno di carattere. Qui si respira una dedizione che sembra fuori dal tempo. I lottatori mi hanno accolto con grande ospitalità, curiosi e fieri di mostrarmi la loro routine. Si gasavano nel dimostrare la loro forza e agilità con gli attrezzi tradizionali, spesso fatti di legno pesante o pietra, strumenti che sembrano usciti da un’altra epoca. Sorprendentemente, non c’erano giovani: i presenti erano tutti anziani, uomini di 65 anni e più. Ma che forma fisica incredibile! Dovevate vederli: schiene dritte, muscoli tonici, movimenti fluidi e sicuri. La loro energia era contagiosa, un esempio straordinario di come la disciplina e la dedizione possano mantenerti giovane, almeno nello spirito. Adesso sono al Terracotta Cafe, uno dei miei posti preferiti qui. È bello rilassarsi dopo una mattinata così interessante, con un cappuccino caldo.


Sono qui al Baba Lassi. Il posto è minuscolo, un piccolo gioiello nascosto che avrà spazio per una decina di persone al massimo. I posti a sedere sono disposti a ferro di cavallo, creando un’atmosfera raccolta e conviviale. Al momento, ogni sgabello è occupato da un gruppo di indiani di mezza età. Hanno un’aria distinta, e una guida ufficiale li accompagna: il badge al collo ne è la prova inconfutabile. Mi danno l’idea di provenire da una grande città, forse Bombay, anche se non saprei spiegare il perché di questa sensazione. L’ambiente è riempito dalle loro risate. Ridono, ridono e ridono ancora, con una spensieratezza che contagia chiunque si trovi nei paraggi. Parlano in hindi con una vivacità che quasi non lascia spazio al respiro, scambiandosi battute e aneddoti che scatenano nuove risate. C’è un’eleganza discreta nei loro abiti: scarpe di marca, smartphone di ultima generazione sempre a portata di mano, e una certa raffinatezza nei modi. È chiaro che sono persone abituate a un certo benessere, e lo portano con sé come un’aura che non ostentano ma che non passa inosservata. Osservandoli, non posso fare a meno di pensare: vuoi vedere che i soldi fanno davvero la felicità? Ma poi rifletto meglio. Forse non sono i soldi in sé, ma la sicurezza e le opportunità che offrono, la libertà di vivere momenti come questo, senza preoccupazioni. Oppure, magari, è solo la gioia semplice del condividere il tempo con amici e persone care. In ogni caso, il loro entusiasmo è irresistibile, e per un attimo mi sento parte di quella spensieratezza, seduto qui al Baba Lassi, con un bicchiere di yogurt fresco in mano e la sensazione che, almeno per oggi, la felicità sia qualcosa di contagioso.

14/02/2023


Ma quanta gente che cazzeggia. L’India è sporca, molto sporca. È rumorosa, incredibilmente rumorosa. È un vortice di caos, disorganizzazione, sovrappopolazione e lentezza esasperante. Ogni senso è messo alla prova: l’olfatto dagli odori pungenti, l’udito dai clacson incessanti, la vista dalla mescolanza di colori, polvere e sporcizia. Con queste premesse, ci si aspetterebbe che chi abita qui sia irritabile, scortese, stressato, arrabbiato col mondo intero. E invece no. Incredibilmente, l’India ti sorprende. Non ho mai ricevuto tanti sorrisi come qui: sinceri, veri, disarmanti. Sono sorrisi che ti spiazzano, perché non hanno nulla di superficiale o costruito. Sorrisi che ti arrivano da sconosciuti che incontri per strada, da venditori che non ti vogliono vendere niente, da bambini scalzi che giocano in vicoli che sembrano dimenticati dal tempo. Mi sorprende ogni volta questa capacità degli indiani di affrontare con serenità, e a volte con ironia, una realtà che per molti di noi sarebbe insostenibile. E allora, a chi mi chiede con aria incredula: “Ma ti piace andare nella sporcizia?”, rispondo senza esitazione: “Sì, assolutamente sì.” Perché l’India non è solo sporca, rumorosa, caotica. È anche piena di vita, di colori, di umanità. È un luogo che ti costringe a guardarti dentro, a mettere in discussione le tue certezze, a capire cosa è davvero importante. E sì, la sporcizia è parte di questa esperienza. Ma se riesci ad andare oltre, scopri un’energia e una bellezza che non troveresti in nessun altro luogo al mondo.

17/02/2023


Il mio ultimo malayo.
Sono qui, seduto comodo, a godermi questo momento sospeso nel tempo. Di fronte a me, due corpi stanno grigliando al ritmo lento del calore. Uno è già acceso, sprigionando fumo e scintille che danzano nell’aria; l’altro lo accenderanno tra poco, come se tutto seguisse un rituale ben preciso, un equilibrio che non ha bisogno di fretta. La musica di un festival riempie ogni angolo dello spazio. Non è solo un sottofondo: è un’onda potente, con un volume altissimo, che ti fa vibrare il corpo dalla testa ai piedi. È un’esperienza quasi fisica, come se il suono ti attraversasse e ti costringesse a essere qui, ora, in questo momento. E allora, cosa fare se non meditare? Meditare nel senso più libero del termine: lasciarsi andare, abbandonare i pensieri inutili, osservare il ritmo del fumo, ascoltare il suono, della vita e della morte che pulsa intorno. Questo è il mio ultimo malayo, e forse anche per questo ogni sensazione sembra amplificata. È come se tutto, dal calore del fuoco alla vibrazione della musica, volesse imprimersi nella memoria, lasciarmi un ricordo vivido, indimenticabile.

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