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le limpide acque del Gange II°: Che notte di trambusto, il suono delle acque del Gange che, speravo con il loro scorrere accompagnassero i miei sogni, non si è potuto sentire, coperto da campane, campanelle e campanacci, canti, cantilene e balli. Una notte di festa che continua anche ora mentre, alla luce di una torcia sto fermando su un foglio questi miei pensieri. Continua ancora ora quando manca poco al sorgere di un nuovo giorno. Continuerà anche quando uscirò di nuovo per non perdermi lo spettacolo dell’inizio dell’alba, ringraziando dio.
Questa notte
Ho gironzolato senza meta per un tempo indefinito, ho bevuto del latte caldo, bollente. Gustato delle patate dolci e lime. Bevuto una quantità di chai indefinita. Invitato a scattare innumerevoli selfie, insomma una serata intensa. Pensavo che dopo il Ganga Aarti. il mondo intorno al Gange si fermasse, che gli indiani festanti, ormai esausti, andassero a dormire. Indubbiamente mi sbagliavo. La festa è continuata tutta la notte, viva, festosa e partecipata,
Così non sono andato a dormire e ho passato la notte sulle sponde delle limpide acque del Gange, spostandomi di tanto in tanto, osservando, contemplando, godendo dello spettacolo gratuito più bello del mondo: la vita. Ho comprato conchiglie, collane e bracciali. Ho scordato il tempo e il luogo. Ho ignorato che il sole fosse tramontato da tempo. Ho sentito l’umidità della notte infilarsi nel collo della giacca, Ho sentito il desiderio di dormire ma le luci e i suoni imprigionano la mente e impediscono il distacco da questo turbinio di suoni colori e follia.
é di nuovo mattina
Tra poco sarà di nuovo giorno e sulle sponde del Gange migliai di pellegrini renderanno omaggio al sole. Anche se la stanchezza si fa sentire non voglio perdermi l’alba. Lascio diario e penna sul letto, mi sciacquo il viso, infilo i sandali, chiudo il lucchetto della guest house. Esco con cappello e felpa, ottima idea, fa davvero freddino. Non ho pensato ai piedi che coi sandali e senza calze gridano pietà. Scendo pochi gradini, apro il robusto cancelletto di ferro e sono nuovamente tra la folla.
Cammino qualche centinaio di metri, il venditore di chai mi riconosce, con un cenno di mano mi invita a sedermi sul muretto in pietra. Cerco nelle tasche le dieci rupie, le poggio sul banchetto. La tazza in cotto è piacevolmente bollente. Volgo lo sguardo a est il cielo comincia a schiarire, lo spettacolo inizia. Un brivido corre lungo la schiena forse per l’emozione o forse per i piedi gelati. Sono felice di essere qui in questo momento e in questo luogo. Sono felice di prender parte alla festa. Fisso l’istante nella mente, tornerà utile nei momenti di sconforto.
“Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?”
ISABEL ALLENDE
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